La moda negli anni 50

La moda negli anni 50

Gli anni cinquanta
La seconda guerra mondiale fece perdere il ruolo di protagonisti a molti stati, mentre lasciò spazio a Stati Uniti e Unione Sovietica, che ripartirono il mondo in due sfere d'influenza. In Europa si avvertì intensamente il fascino del modo di vita americano, dei suoi alti redditi e dei suoi enormi consumi. Mai come ora le mode americane invasero il vecchio mondo: cinema e televisione proposero un modo di vestire, di parlare, di ballare e cantare che venivano d'oltre oceano. Protagonisti furono per la prima volta i teen-agers che si distinguevano dagli adulti anche per l'abbigliamento: blue-jeans, t-shirt, maglioni, giacche in pelle, look trasandato o sportivo e per gli uomini, brillantina in testa. La fortuna dei jeans fu un fenomeno importante che influenza tuttora la moda. Questo indumento, usato fin dalla metà dell'Ottocento dagli operai, per la robustezza del suo tessuto, fissato con doppie cuciture e rivetti di metallo, fu lanciato nelle università americane dopo il successo de Il Selvaggio, interpretato da un giovane e affascinante Marlon Brando. Anche il fenomeno Elvis Presley col rock 'n' roll, i suoi movimenti provocanti e gli abiti vistosi, entusiasmavano i giovani. In Europa questi modi di vestirsi e di comportarsi esplosero prima nei gruppi giovanili, che vi trovarono una loro identità. Cominciò da questo momento un fenomeno importante: la moda fu imposta dalla gente di strada e non solo dai grandi sarti. Per la prima volta nella storia del costume le masse facevano opinione.
In Europa erano gli anni della ricostruzione e del miracolo economico, propagandato anche dai giornali di moda che si moltiplicavano a vista d'occhio. La gente si arricchiva e pretendeva di accedere alle nuove tecnologie: la televisione, il frigorifero, l'automobile. Anche il mondo della moda cominciò ad essere investito dal consumo di massa. Le donne si stancarono di portare i vestiti rivoltati e fuori moda delle loro mamme e copiarono i modelli dalle riviste femminili con l'aiuto di cartamodelli e di provvidenziali sartine. Se Parigi continuava a dettare legge, stava nascendo a Firenze l'Industria della moda italiana, e nel 1952 a Palazzo Pitti, si tenne la prima di molte sfilate e manifestazioni. L'organizzazione si rivolse a cercare nuovi sarti non tra le storiche case di moda italiane, ma tra quelle che più tentavano di distaccarsi dai modelli parigini come Jole Veneziani, Carosa (della principessa Giovanna Caracciolo), Biki Emilio Schuberth, Emilio Pucci, Simonetta Fabiani, le sorelle Fontana, Germana Marucelli. Sono questi anche gli anni in cui nascono Krizia e Ottavio Missoni, veri pionieri del prêt-à-porter. I loro modelli semplici, creati con materiali nuovi, proposti in abbinamenti allora considerati arditi rivoluzionarono lo stile e il tipo di produzione dei decenni seguenti.
Con la morte di Dior, Yves Saint Laurent diventò direttore della maison. La sua prima collezione, attesissima, ebbe un successo travolgente: la linea a trapezio, era fresca, giovanile, e sostanzialmente una continuazione del Sacco di Dior. L'entusiasmo per il nuovo couturier durò però fino a quando, tradendo un accordo con gli altri sarti di non alterare l'orlo della gonna, Saint Laurent lo alzò di ben sette centimetri, finendo poi con lo scoprire le ginocchia. A causa della bagarre che ne seguì il giovane sarto ebbe un collasso e si ritirò da Dior cedendo il posto a Marc Bohan. Nel 1962 aprì a Parigi un atelier per conto proprio.
Yves Saint Laurent


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